La storia delle foreste

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I depositi del BVC di Pianico-Sèllere sono ricchi di foglie fossili, in gran parte prodotte da alberi e arbusti decidui (che perdono le foglie in autunno, Fig. 54), ma con la partecipazione di specie sempreverdi (il pino macedonico, l’abete bianco, l’abete rosso e il tasso tra le conifere; il rododendro pontico e il bosso tra le latifoglie). Le foglie provenivano dalle foreste prossime alle rive o dalle rupi soprastanti, ed erano trascinate nel lago dai venti e dalle frane. Gli studenti del Corso di Laurea in Scienze Naturali dell’Università di Milano hanno svolto due campagne naturalistiche sullo studio delle foglie fossili (Fig. 55)10. Hanno esaminato, in particolare, la “Sezione Sergio”11. Grazie all’impiego di livelli marker (Fig. 56), è stato possibile riconoscere esattamente in quale momento del calendario a varve sono state deposte le foglie studiate: si tratta dell’intervallo tra 5 e 7 mila anni (varve) dopo l’inizio dell’interglaciale (equivalente a circa 790-788 mila anni fa). Come si raccolgono le foglie? Occorre prendere nota dell’età a varve da cui provengono. Ad ogni pezzo raccolto (Fig. 54) è perciò associato un conteggio di varve a partire dal livello marker più vicino. In questo modo si può rispondere alle seguenti domande: quante foglie si accumulavano sul fondo del lago in un certo numero di anni ? La frequenza delle specie variava nel tempo? Si è visto che l’abbondanza dei reperti vegetali aumenta negli intervalli con velocità di sedimentazione più bassa (varve più sottili), perché a parità di spessore è maggiore il numero di anni (varve) (Fig. 58). Inoltre gli studenti hanno potuto riscontrare alberi e arbusti oggigiorno scomparsi nelle Alpi (come il pino macedonico, scheda 1, e il rododendro pontico, scheda 8 e Fig. 54b-1). Hanno riscoperto specie che alcuni ricercatori avevano messo in dubbio (Fig. 57) ed hanno visto che la composizione degli alberi cambia con i millenni. Nei livelli più antichi dell’interglaciale abbonda il tasso (Fig. 59) e manca il bosso, mentre nella parte media della “Sezione Sergio” il bosso è la foglia più abbondante (Fig. 60) e il tasso è scarso. Le trasformazioni osservate non erano causate dall’uomo – come invece avviene nelle ultime migliaia di anni – bensì da variazioni del clima e da successioni ecologiche12. Una storia completa delle foreste, anche di quelle lontane dal lago diversi km, si ricava da uno studio dei microscopici granuli di polline fossile contenuti nel deposito. Anni di lavoro al microscopio13 hanno permesso di costruire un diagramma pollinico (Fig. 61). Come si è già visto, l’interglaciale iniziò con una forte espansione di querce, olmi, noccioli, che formarono foreste di latifoglie decidue di clima temperato caldo, ma dopo circa 3 mila anni presero il sopravvento l’abete bianco e il carpino bianco, forse per un aumento di umidità del clima, formando foreste miste di conifere e latifoglie di clima temperato caldo e umido, oceanico, che perdurarono per ben 12 mila anni. Tuttavia il faggio, oggigiorno l’albero meglio adattato ai climi temperato-umidi della montagna prealpina, manca sia nel polline che nelle foglie. Questo è uno dei misteri non ancora risolti.